6.5.06

Su D'Alema e il Quirinale

Chi mi conosce, sa che sono un dalemiano di ferro. Detto questo non capisco perché D'Alema si stia facendo mettere in mezzo con questa storia della candidatura a presidente della Repubblica. E' del tutto evidente che non verrà mai eletto. E non tanto perché non lo vuole la Cdl, quanto perché anche i suoi alleati sono pronti a tirargli un brutto scherzo.

Certo, comprendo che Prodi (con Fassino?) cerchi di farlo fuori politicamente per evitare una presenza scomoda nel suo governo, ma forse dargli il ministero degli Esteri sarebbe più o meno la stessa cosa. E poi, come dicono molti, anche secondo me un dirigente di partito non può passare direttamente al Quirinale. Forse bisognerebbe aspettare il prossimo settennato quando probabilmente non avrà incarichi nel nascente Partito Democratico.

Sull'altra sponda, mi sembra quanto meno ridicola la pretesa della Cdl che vuole un presidente di tutti, eletto da entrambi gli schieramenti. Forse sarebbe stato il caso di ragionare così quando si è deciso di prendere ad accettate la costituzione.

Ah, dimenticavo: se io fossi in Parlamento voterei per Amato.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Il giornalista de L'espresso Giampaolo Pansa riportò questa frase pronunciata nell'ottobre 1998 da Massimo D'Alema riguardo a Romano Prodi e Walter Veltroni, all'epoca dei governi dell'Ulivo:

"Quei due? sono due flaccidi imbroglioni"

D'Alema inviò una smentita, il giornalista Claudio Rinaldi, presente anch'egli all'esternazione, confermò e D'Alema non smentì tale conferma.

Il giornalista Luca Telese riporta poi un'altra frase poco nota di Massimo D'Alema, questa volta contro Giampaolo Pansa e Romano Prodi, testimone ancora una volta Claudio Rinaldi dell'Espresso:

"Pansa è un ottimo giornalista, ma ha un solo difetto. Non capisce un cazzo di politica; ce ne è uno solo che ne capisce meno di lui: Romano Prodi"


Nei primi mesi del 1993, quando l'inchiesta di Mani Pulite iniziava ad occuparsi delle tangenti rosse al PCI-PDS, D'Alema definiva spregiativamente il pool «il soviet di Milano».

Il 5 Marzo 1993, il governo di Giuliano Amato approvò il «decreto Conso», con cui la classe politica, colpita dall'inchiesta Mani Pulite, poneva un ostacolo in grado di paralizzare le indagini su Tangentopoli. Il decreto depenalizzava il reato di finanziamento illecito ai partiti, disincentivava i colpevoli a collaborare con la giustizia, e permetteva ad imprenditori e politici di evitare il carcere. Il 10 Marzo Giuliano Amato svelò in Parlamento la presunta ambigua condotta del Partito Democratico della Sinistra, che in pubblico criticava il decreto Conso (l'opinione pubblica allora era fortemente dalla parte dei magistrati), mentre in privato - a suo dire - lo sosteneva.

Massimo D'Alema, all'epoca dei fatti coordinatore politico del PDS, di fronte a tale dichiarazione inveì contro Amato:

"Amato è un bugiardo e un poveraccio. È uno che deve fare di tutto per restare lí dov'è, sulla poltrona".


Massimo D'alema rimase coinvolto in Affittopoli: dopo una pesante campagna mediatica dovette traslocare e lasciare il suo appartamento, in una zona centrale di Roma, che un ente pubblico gli affittava ad un canone irrisorio e fuori mercato.


Nel 1985 Massimo D'Alema ricevette 20 milioni di lire da parte del miliardario barese Francesco Cavallari, che fu in seguito condannato per concorso esterno in associazione mafiosa. I soldi erano destinati al Partito Comunista Italiano, di cui D'Alema era all’epoca segretario regionale pugliese. Per questo finanziamento illecito D'Alema è stato inquisito ma, a causa dello scadere dei termini di prescrizione nel 1995, il procedimento è stato archiviato dal gip Concetta Russi. L'episodio è stato ammesso dallo stesso D'Alema quando il reato era destinato a cadere in prescrizione.




NON LO VOGLIO COME PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA!!!!!!!!!!!!