30.11.06
Chiusure
Indymedia Italia abbassa le serrande.
Tutto questo è oggetto di riflessione continua perché il senso critico impone di (ri)mettersi in discussione, sempre, ma il rumore di fondo è assordante e c'è bisogno di silenzio. In modo da poter ascoltare, osservare, valutare e concentrare le proprie energie sulle idee che altrimenti rischierebbero di restare sommerse. Il silenzio serve a questo, e di energie e idee, parliamone insieme, ripartendo da zero.
28.11.06
Krumiro non sono, ma...
Dunque per venerdì prossimo un giornale per il quale collaboro, L'espresso, ha indetto uno sciopero delle firme. In sostanza si tratta di una agitazione "minore" rispetto a uno sciopero "normale", ma che vuole dimostrare comunque un malessere. Io aderisco. Una pagina che sarebbe dovuta uscire con il mio bel nome sarà senza genitore, ma i soldi li prenderò comunque (almeno credo).
Onestamente non so bene perché ho aderito. Sono fra quelli, infatti, che ritiene che in media la classe (casta?) dei giornalisti sia una categoria di privilegiati. Non nel senso che i diritti che ha sono eccessivi, ma che non se li merita: troppa gente nelle grandi redazioni non fa nulla. Ho comunque aderito allo sciopero perché da krumiro non voglio passare e poi perché tendenzialmente (a parte la Roma) tifo per il più debole (e gli editori certo non lo sono).
La cosa che però mi dà fastidio è che si voglia far passare questo sciopero come un'agitazione che va anche in favore dei precari dell'informazione, con un termine più cool: free-lance. Ecco, almeno questa non ce la date a bere: chiedendo con insistenza (e per questo andando a un muro contro muro) gli scatti di anzianità (fra le peggiori piaghe sociali del secolo, non si potrebbero avere degli scatti di produttività?) si chiede sostanzialmente agli editori di non assumere più giovani (quanto costa a un'azienda un/a venticinquenne assunto/a a tempo indeterminato con gli scatti di anzianità fino a 60 anni?).
Inoltre il sindacato si batte per non applicare la Biagi. Ma, santiddio, ci si vuole rendere conto che senza contratti a termine molti giornalisti non si potrebbero neanche avvicinare a una redazione?
Detto questo, oggi mi hanno girato una mail dalla Consulta Freelance dell'Associazione Stampa Romana (presieduta da David Sassoli). Eccola.
Cari colleghi collaboratori,
in quanto responsabile della Consulta Freelance del nostro sindacato StampaRomana, desidero ringraziarvi per i sacrifici cui vi state (ci stiamo) sottoponendo, nell'ambito di questa durissima vertenza per il rinnovo del contratto, scaduto da quasi due anni.
Ho piena consapevolezza, lo vivo sulla mia pelle, di come gli scioperi pesino sulla nostra fragile condizione, tanto sindacale (perché più degli altri siamo esposti ai ricatti) quanto economica (astenerci dal lavoro ha un'incidenza pesantissima sui nostri già esigui compensi). Noi, più degli interni e degli assunti, paghiamo il nostro status di "esternalizzati", che tanto fa comodo agli editori.
Ma proprio per questa devastante vulnerabilità, proprio per denunciarla e per uscirne, dobbiamo continuare ad appoggiare le iniziative del nostro sindacato, che si annunciano opportunamente forti nelle prossime settimane. Di noi e di una normativa che tuteli il nostro lavoro, gli editori non vogliono saperne.
Un fatto però ci incoraggia: questa vertenza contrattuale, pur riguardando tutta la categoria, è portata avanti in nostro nome, in nome dei "precari". Sono essi a sfatare il mito dei giornalisti come "casta", sono i precari a polarizzare la solidarietà dell'opinione pubblica. Perché ormai è evidente che la nostra precarietà, così simile a quella di tanti altri lavoratori, è il punto debole di tutto il mondo giornalistico: e, insieme, è evidente che tale condizione rende precaria anche la tenuta democratica della stampa, mettendo a rischio l'indipendenza e l'autodeterminazione dei giornalisti.
Forte di questa consapevolezza, vi invito perciò a partecipare compatti a ogni iniziativa futura decisa dai CdR delle vostre testate, in coordinamento con la FNSI e con StampaRomana.
Sarà una battaglia dura e difficile, ma non possiamo permetterci di perderla: e la nostra arma più efficace, quella più temuta dai nostri avversari, è l'unione e la compattezza nell'azione. Ci asteniamo dal lavoro (o dalla firma) oggi, per lavorare sempre meglio domani.
un caro saluto a tutti
Andrea Rustichelli
Della serie: "armiamoci e partite". Il danno per un "esterno" da uno sciopero delle firme è infatti molto maggiore di quello recato a un "interno": perde di visibilità, uno dei pochi strumenti in mano a un free-lance. Ma possibile che a nessuno venga in mente che l'unica battaglia da combattere per i free lance sarebbe quella di alzare le tariffe degli articoli? Tempo fa parlando con un collega tedesco, ho scoperto che loro prendono cinque volte quello che prendono i freelance italiani. Quasi quasi mi metto a scrivere (e firmare) per Bild...
Onestamente non so bene perché ho aderito. Sono fra quelli, infatti, che ritiene che in media la classe (casta?) dei giornalisti sia una categoria di privilegiati. Non nel senso che i diritti che ha sono eccessivi, ma che non se li merita: troppa gente nelle grandi redazioni non fa nulla. Ho comunque aderito allo sciopero perché da krumiro non voglio passare e poi perché tendenzialmente (a parte la Roma) tifo per il più debole (e gli editori certo non lo sono).
La cosa che però mi dà fastidio è che si voglia far passare questo sciopero come un'agitazione che va anche in favore dei precari dell'informazione, con un termine più cool: free-lance. Ecco, almeno questa non ce la date a bere: chiedendo con insistenza (e per questo andando a un muro contro muro) gli scatti di anzianità (fra le peggiori piaghe sociali del secolo, non si potrebbero avere degli scatti di produttività?) si chiede sostanzialmente agli editori di non assumere più giovani (quanto costa a un'azienda un/a venticinquenne assunto/a a tempo indeterminato con gli scatti di anzianità fino a 60 anni?).
Inoltre il sindacato si batte per non applicare la Biagi. Ma, santiddio, ci si vuole rendere conto che senza contratti a termine molti giornalisti non si potrebbero neanche avvicinare a una redazione?
Detto questo, oggi mi hanno girato una mail dalla Consulta Freelance dell'Associazione Stampa Romana (presieduta da David Sassoli). Eccola.
Cari colleghi collaboratori,
in quanto responsabile della Consulta Freelance del nostro sindacato StampaRomana, desidero ringraziarvi per i sacrifici cui vi state (ci stiamo) sottoponendo, nell'ambito di questa durissima vertenza per il rinnovo del contratto, scaduto da quasi due anni.
Ho piena consapevolezza, lo vivo sulla mia pelle, di come gli scioperi pesino sulla nostra fragile condizione, tanto sindacale (perché più degli altri siamo esposti ai ricatti) quanto economica (astenerci dal lavoro ha un'incidenza pesantissima sui nostri già esigui compensi). Noi, più degli interni e degli assunti, paghiamo il nostro status di "esternalizzati", che tanto fa comodo agli editori.
Ma proprio per questa devastante vulnerabilità, proprio per denunciarla e per uscirne, dobbiamo continuare ad appoggiare le iniziative del nostro sindacato, che si annunciano opportunamente forti nelle prossime settimane. Di noi e di una normativa che tuteli il nostro lavoro, gli editori non vogliono saperne.
Un fatto però ci incoraggia: questa vertenza contrattuale, pur riguardando tutta la categoria, è portata avanti in nostro nome, in nome dei "precari". Sono essi a sfatare il mito dei giornalisti come "casta", sono i precari a polarizzare la solidarietà dell'opinione pubblica. Perché ormai è evidente che la nostra precarietà, così simile a quella di tanti altri lavoratori, è il punto debole di tutto il mondo giornalistico: e, insieme, è evidente che tale condizione rende precaria anche la tenuta democratica della stampa, mettendo a rischio l'indipendenza e l'autodeterminazione dei giornalisti.
Forte di questa consapevolezza, vi invito perciò a partecipare compatti a ogni iniziativa futura decisa dai CdR delle vostre testate, in coordinamento con la FNSI e con StampaRomana.
Sarà una battaglia dura e difficile, ma non possiamo permetterci di perderla: e la nostra arma più efficace, quella più temuta dai nostri avversari, è l'unione e la compattezza nell'azione. Ci asteniamo dal lavoro (o dalla firma) oggi, per lavorare sempre meglio domani.
un caro saluto a tutti
Andrea Rustichelli
Della serie: "armiamoci e partite". Il danno per un "esterno" da uno sciopero delle firme è infatti molto maggiore di quello recato a un "interno": perde di visibilità, uno dei pochi strumenti in mano a un free-lance. Ma possibile che a nessuno venga in mente che l'unica battaglia da combattere per i free lance sarebbe quella di alzare le tariffe degli articoli? Tempo fa parlando con un collega tedesco, ho scoperto che loro prendono cinque volte quello che prendono i freelance italiani. Quasi quasi mi metto a scrivere (e firmare) per Bild...
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Memoria corta
CALCIO: CANNAVARO, MOGGI? FACEVA BENE IL SUO MESTIERE FACEVA 416 TELEFONATE AL GIORNO, ORA E' UN FUGGI FUGGI
(ANSA) - FIRENZE, 24 MAG - Un saluto a Bari prima della partita scudetto e poi niente più. Così Fabio Cannavaro racconta l'ultimo incontro con Luciano Moggi, ex direttore generale della Juve nel pieno dello scandalo intercettazioni. "Sorprende tutti leggere il contenuto di quelle intercettazioni. Conoscevamo il Direttore, sapevamo che era un dirigente di grande esperienza, era bravo a gestire molti giocatori, faceva bene il suo mestiere". Cannavaro ha ricordato che Moggi "come persona aveva fatto di tutto, nei due anni in cui ho giocato alla Juve, per stare al nostro fianco". "Riceveva 416 telefonate al giorno, era amico di tutti o quasi - ha concluso Cannavaro - ora non credo che tutte queste persone lo cerchino più, mi da' fastidio questo fuggi fuggi". (ANSA).
PALLONE ORO: CANNAVARO, DA MOGGI ABUSI ENORMI MA INUTILI JUVE ERA PIU' FORTE; SE FOSSI STATO PIU' GIOVANE, SAREI RIMASTO
(ANSA) - PARIGI, 27 NOV - "Luciano Moggi? Tutti sapevano dei suoi contatti un po' ovunque, e tutti sapevano quanto fosse potente la Juve. Da parte di Moggi c'è stato un enorme abuso di potere, ovviamente condannabile. Ma inutile: noi eravamo i più forti": lo dice Fabio Cannavaro, neo Pallone d'oro, al settimanale France Football.
(SEGUE).
PALLONE ORO: CANNAVARO, DA MOGGI ABUSI ENORMI MA INUTILI (2)
(ANSA) - PARIGI, 27 NOV - "Tutti sapevano dei contatti di Moggi e del potere della Juve, ma non immaginavamo fin dove qualcuno potesse arrivare. E ancora non abbiamo un'idea precisa dei loro movimenti", afferma Cannavaro. Il capitano azzurro racconta che il compagno di squadra del Real Madrid, Mahamadou Diarra, quando lo ha visto per la prima volta gli ha detto: 'Ah! Moggi, soldi! soldi!'. "Gli ho spiegato - afferma Cannavaro - che Luciano Moggi non andava a trovare tutti gli arbitri per promettere loro dei soldi. Con l'influenza che aveva, agiva a un altro livello, per esempio orientando un arbitro verso una partita piuttosto che un'altra. Che non è una cosa normale, certamente! Il problema è che, specie all'estero, la gente ha creduto che la Juve comprasse delle partite. Ed è falso. Gli incontri li abbiamo vinti tutti noi, in campo. Si è trattato, piuttosto, di un abuso enorme di potere da parte di Moggi, condannabile, ovviamente. Ma inutile: noi eravamo i più forti, fatto pienamente dimostrato dalla presenza di otto giocatori della Juve, più degli ex come Zidane e Henry, sul campo dello stadio di Berlino, il 9 luglio”.
(ANSA) - FIRENZE, 24 MAG - Un saluto a Bari prima della partita scudetto e poi niente più. Così Fabio Cannavaro racconta l'ultimo incontro con Luciano Moggi, ex direttore generale della Juve nel pieno dello scandalo intercettazioni. "Sorprende tutti leggere il contenuto di quelle intercettazioni. Conoscevamo il Direttore, sapevamo che era un dirigente di grande esperienza, era bravo a gestire molti giocatori, faceva bene il suo mestiere". Cannavaro ha ricordato che Moggi "come persona aveva fatto di tutto, nei due anni in cui ho giocato alla Juve, per stare al nostro fianco". "Riceveva 416 telefonate al giorno, era amico di tutti o quasi - ha concluso Cannavaro - ora non credo che tutte queste persone lo cerchino più, mi da' fastidio questo fuggi fuggi". (ANSA).
PALLONE ORO: CANNAVARO, DA MOGGI ABUSI ENORMI MA INUTILI JUVE ERA PIU' FORTE; SE FOSSI STATO PIU' GIOVANE, SAREI RIMASTO
(ANSA) - PARIGI, 27 NOV - "Luciano Moggi? Tutti sapevano dei suoi contatti un po' ovunque, e tutti sapevano quanto fosse potente la Juve. Da parte di Moggi c'è stato un enorme abuso di potere, ovviamente condannabile. Ma inutile: noi eravamo i più forti": lo dice Fabio Cannavaro, neo Pallone d'oro, al settimanale France Football.
(SEGUE).
PALLONE ORO: CANNAVARO, DA MOGGI ABUSI ENORMI MA INUTILI (2)
(ANSA) - PARIGI, 27 NOV - "Tutti sapevano dei contatti di Moggi e del potere della Juve, ma non immaginavamo fin dove qualcuno potesse arrivare. E ancora non abbiamo un'idea precisa dei loro movimenti", afferma Cannavaro. Il capitano azzurro racconta che il compagno di squadra del Real Madrid, Mahamadou Diarra, quando lo ha visto per la prima volta gli ha detto: 'Ah! Moggi, soldi! soldi!'. "Gli ho spiegato - afferma Cannavaro - che Luciano Moggi non andava a trovare tutti gli arbitri per promettere loro dei soldi. Con l'influenza che aveva, agiva a un altro livello, per esempio orientando un arbitro verso una partita piuttosto che un'altra. Che non è una cosa normale, certamente! Il problema è che, specie all'estero, la gente ha creduto che la Juve comprasse delle partite. Ed è falso. Gli incontri li abbiamo vinti tutti noi, in campo. Si è trattato, piuttosto, di un abuso enorme di potere da parte di Moggi, condannabile, ovviamente. Ma inutile: noi eravamo i più forti, fatto pienamente dimostrato dalla presenza di otto giocatori della Juve, più degli ex come Zidane e Henry, sul campo dello stadio di Berlino, il 9 luglio”.
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27.11.06
26.11.06
New Galileo
Dopo settimane di intensa fatica, oggi si vedono i risultati. Ecco la nuova versione di Galileo. Con tanto di weblog.
25.11.06
Consigli per i risparmi
Leggevo oggi su Repubblica (o sul Corriere?) una pubblicità di Toshiba che spingeva il suo notebook Qosmio come il primo e (per ora) unico in grado di leggere dischi Hd-dvd capaci di contenere video in alta definizione. Vero. Peccato che in Italia - a differenza del resto d'Europa - i dischi Hd-dvd non siano ancora in commercio.
24.11.06
Scoperte
20.11.06
Din don
Immagino che Crepet e Vespa si stiano sfregando le mani al solo penisiero delle (almeno) 100 puntate che faranno sul bullismo made in Italy.
Poi dico la mia sul bullismo made in Internet. Secondo me chi chiede con forza la chiusura di servizi come YouTube o Google Video perché hanno contribuito alla diffusione di filmati che ritraveano ragazzi che ne pestavano altri (o cose simili) ha ragione. Tanto che anch'io ho chiesto di demolire l'ascensore di casa mia perché c'è su scritto W il Duce...
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19.11.06
Non fate incazzare Xenu, vi prego...
Ieri guardando i servizi sul matrimonio di Tom Cruise e non sapendo rispondere precisamente alla domanda "Cos'è Scientology?", mi sono andato a guardare su Wikipedia il lemma dedicato. Inquietante pensare come qualcuno possa credere a questa boiata. Non molto diversa, comunque, da tutte le altre religioni.
"L. Ron Hubbard (il fondatore di Scientology, ndb.) narra che nei suoi viaggi extracorporei per l'universo avrebbe scoperto che i guai degli esseri umani odierni deriverebbero da una punizione inflitta all'umanità 75 milioni di anni fa da Xenu, un crudele governatore della galassia: per limitare la popolazione e accrescere il suo potere, Xenu ordinò ai suoi ufficiali di catturare esseri della natura più svariata da vari pianeti, congelarli in alcool e glicole e lasciare miliardi di questi "grappoli" di esseri sulla Terra, da spazioplani che assomigliavano ai DC8. Si specifica che alcuni di questi malcapitati esseri furono catturati con una falsa convocazione per una indagine del fisco". [...]
"Nemica principale di Scientology è la "setta degli psichiatri" che esiste dall'inizio dei tempi e che spaccia una falsa scienza e vuole l'asservimento a sé delle masse che spersonalizzerebbe senza alcuna pietà. La vera conoscenza dianetica - si asserisce - salverà la terra (e, in seguito, anche l'intero universo) estirpando piaghe sociali come (secondo il movimento) l'omosessualità, la psicologia, il comunismo, l'abuso di alcolici e stupefacenti, l'eccessiva promiscuità sessuale".
18.11.06
Fiat vs. tutti
16.11.06
Da segnare
"Quando, evocando il cosiddetto conflitto di civiltà, diciamo del miliardo e 200 milioni di musulmani dovremmo sempre ricordarci che per la stragrande maggioranza non sono arabi. Così, per dovere di cronaca".
(via Gigi Riva)
(via Gigi Riva)
15.11.06
Beneficenza hitech
Oggi ho ricevuto in dono (e per questo ringrazio) l'ennesimo zaino portacomputer. Visto che mai (come altri che fanno questo mestiere) utilizzerò tutti quelli che ho a casa (come tutti gli altri oggetti che ci regalano durante le conferenze stampa) propongo di mettere in piedi un sito dove vendere i gadget delle aziende. Ricavato ovviamente in beneficenza.
14.11.06
Quattro principi, tutti sbagliati
Mentre un ministro della Repubblica si preoccupa di videogame (!) e un'altra grande (?) azienda italiana è sull'orlo del fallimento, vi consiglio l'odierno editoriale di Giavazzi sul Corsera.
Errori e miti sull'università
Errori e miti sull'università
Le università nella maggior parte dei Paesi europei, non solo in Italia, funzionano in base a quattro principi, tutti sbagliati: l’istruzione universitaria non è pagata dalle famiglie, ma dai contribuenti; il contratto di lavoro e le regole di assunzione dei docenti sono quelli del pubblico impiego; le leggi e le procedure che regolano le università sono spesso centralizzate e quasi sempre rigide; le retribuzioni dei professori non sono differenziate e il fine più o meno esplicitamente dichiarato della politica universitaria è l’equiparazione della qualità dell’insegnamento e della ricerca tra i diversi atenei.
La discussione sul futuro delle università è piena di miti che negli anni hanno prodotto politiche per lo più sbagliate. E non è una sorpresa, perché i professori hanno un forte incentivo ad impedire che ciò che non funziona venga corretto e talvolta cercano di proteggere i propri privilegi usando la loro influenza anche come opinion makers.
Una tipica lamentela è la mancanza di risorse: «I nostri stipendi sono miseri e in più non ci sono soldi per la ricerca». Innanzitutto non è vero (si vedano i confronti di Roberto Perotti tra costi e produttività nelle università in Italia e Gran Bretagna, che Alberto Alesina ed io abbiamo spesso citato). Ma perfino se il problema fossero le risorse, buttare più denaro in queste università senza prima cambiare le regole arcaiche che le governano significherebbe aumentare sprechi e privilegi, perpetuare un sistema che impedisce la concorrenza fondata sul merito, non migliorare la ricerca.
Prima dei finanziamenti conta la struttura degli incentivi: in Italia una volta entrati nell’università ci si resta per sempre, anche chi non fa più nulla. Lo stipendio cresce solo con l’anzianità, il merito è irrilevante: perché fare uno sforzo per eccellere? Le nomine sono governate da un complesso procedimento burocratico che implica innumerevoli «giudici» scelti in tutto il Paese. Questo processo dovrebbe «garantire » la scelta dei migliori, ma non è così. In realtà i «giudici» favoriscono i gruppi d’interesse interni e i loro protetti, invece di privilegiare la qualità della ricerca o dell’insegnamento.
E’ vero che nell’università i giovani sono pagati poco, ma queste retribuzioni fanno parte di un patto implicito: in cambio della cattiva paga chiunque abbia un posto lo mantiene automaticamente. Non c’è bisogno di produrre ricerca di buon livello. E poiché le retribuzioni sono basse i presidi chiudono gli occhi di fronte a insegnanti pigri e assenteisti e a scarsa ricerca. È certamente vero che alcune ricerche sono costose, che i buoni cervelli non sono a buon mercato. Ma solo introducendo un po’ di concorrenza tra le università le risorse si sposteranno dalla mediocrità all’eccellenza.
Non sorprende più nessuno che le università americane attirino i migliori studiosi d’Europa. Ciò che è sorprendente di fronte a questa fuga di cervelli è il potere della lobby dei professori universitari - spesso gli stessi che pontificano sul beneficio della concorrenza in altri settori - nel bloccare le riforme. «Luoghi comuni», diranno molti miei colleghi, «l’università è molto cambiata». Vorrei crederlo. Se davvero lo fosse il ministro Mussi avrebbe un modo semplice per dimostrarlo: assegni una quota significativa delle risorse in base alle valutazioni che il suo stesso ministero, tramite il Comitato di indirizzo per la valutazione della ricerca (Civr), ha appena svolto. Da questo anno accademico, non «in futuro» come invece ha annunciato.
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Francesco Giavazzi,
Università
6.11.06
Top ten argentina
Gianni Mura, qualche giorno fa su Repubblica, ha ricordato i 10 più grandi calciatori brasiliani dalla riapertura delle frontiere (Falcao, Careca, Kakà, Zico, Aldair, Junior, Emerson, Cafù, Ronaldo e Cerezo). Io provo a ricordare i 10 migliori argentini.
1- Maradona
2- Batistuta
3- Simeone
4- Diaz
5- Veron
6- Balbo
7- Passarella
8- Crespo
9- Samuel
10- Sensini
1- Maradona
2- Batistuta
3- Simeone
4- Diaz
5- Veron
6- Balbo
7- Passarella
8- Crespo
9- Samuel
10- Sensini
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