14.1.04

Vittima

"Sono un ex calciatore di serie A. Ho girato squadre grandi e piccole (Genoa, Milan, Torino, Varese, Catanzaro, Ternana, Roma, Verona, Cesena Bologna), e quasi tutte mi hanno pagato con soldi neri, che si chiamavano "fuoribusta". [...]

In nome degli interessi affaristici della società che mi stipendiava, e anche per aumentare il mio valore di giocatore, in certi periodi mi sono dopato (a parte i risultati "combinati" e le scommesse clandestine, certo). Quella del doping non era una mia iniziativa (ero troppo idiota anche per decidere liberamente un fatto del genere), ma una decisione dell'allenatore o del medico sociale, e io ero pronto a ubbidire perché era un interesse comune: mi sentivo un furbastro, un macho-gladiatore disposto a tutto pur di vincere, e vincere voleva dire successo e soldi, per me e per la società.

Erano gli anni Settanta, e il calcio professionistico cominciava a essere quello che è diventato oggi: non uno sport, ma un'industria. [...]

Quando giocavo io, in ballo c'erano milioni; oggi ci sono i miliardi. E oggi, con le società di calcio quotate in Borsa, le vittorie e le sconfitte calcistiche non sono più fatti sportivi ma economici. L'aspetto sportivo è solo il pretesto per il business, è la biada per il parco-buoi dei tifosi. Quei rincoglioniti di tifosi che ancora credono alla "bandiera" e sono attaccati alla "maglia", facendo finta di non capire che presidenti, dirigenti, allenatori e giocatori sono attaccati solo ai propri affari, e l'unica bandiera che hanno è il portafoglio. [...]

E' un sistema che non sarà possibile cambiare, almeno fino a quando nel calcio continueranno a farla da padroni personaggi come Luciano Moggi, Franco Carraro e Adriano Galliani".

Carlo Petrini, L'espresso, 15 gennaio 2004

Nessun commento: