A causa di questo servizio credo che lavorerò molto poco nei prossimi giorni (facciamo mesi).
P.s.: Andando qui è possibile scegliere la squadra.
"Non è vero che conta solamente vincere, solo il risultato. Se è così, ditecelo al telefono, a partita appena finita, risparmiamo tempo e denaro". Gianni Mura
La Serie A rischia. E di brutto. Non tanto perché alcune delle sue protagoniste (Lazio, Parma, Roma e non solo) corrono il pericolo di scomparire, ma perché, anche qualora si dovessero salvare, quale sarebbe il futuro della massima serie? Per ora la prospettiva è quella di un maxi-ridimensionamento con i big delle squadre citate (Fiore, Stam, Totti, Emerson, Gilardino solo per fare alcuni nomi) che andranno a finire all'estero o in quelle (quella?) squadre italiane che se li possono permettere.
Quali sono, quindi, le conseguenze? Secondo me, la Serie A farà la fine dei vari campionati belgi, turchi o olandesi dove da decenni si contendono lo scudetto solo un paio di squadre che hanno alle spalle un gruppo (vedi la banca Abn-Amro per l'Ajax) che ripiana il bilancio quando è in rosso. Addio, quindi a Verona, Cagliari, Fiorentina, Sampdoria, Lazio, Roma che ogni tanto vincevano qualche campionato e che anche quando non lo vincevano, almeno lo tenevano vivo fino all'ultimo.
Un assaggio di questo scenario lo stiamo già vivendo quest'anno dove il Milan è quasi a punteggio pieno e a parte un paio di match non ha mai sofferto. Nel panorama internazionale la Serie A finirà dunque in B. E nessun rancore per chi ce l'ha portata. D'altronde sono le regole del GIUOCO.
Premetto: i moduli con più di tre linee mi piacciono poco. Trovo che allunghino inutilmente la squadra impedendo, per esempio, di fare un buon pressing. La cosa che però mi piace di meno del 4-2-3-1 (uno dei moduli che sta andando per la maggiore da qualche anno a questa parte) è la sua staticità. A meno che non si abbiano dei grandi terzini (vedi Real Madrid) non si riescono a effettuare delle sovrapposizioni efficaci. Il rischio, nel farle, poi, è quello di rimanere scoperti perché il calciatore che fa da birillo, cioè quello intorno a cui il terzino gira, è solitamente un giocatore offensivo che il più delle volte non copre il compagno che sale. Se la giocata è fatta male, quindi, si corre il pericolo di lasciare scoperta un’intera fascia. L’alternativa è quella di giocare con i terzini “bloccati”, un po’ come succede con chi fa il 4-4-2 con due ali molto offensive, ma si elimina la possibilità di andare 2 contro 1 sulla fascia. E non è poco.
Nonostante questo, penso che il 4-2-3-1 quando si hanno dei giocatori (molto) bravi tecnicamente non sia un modulo da buttare via. Soprattutto quando la squadra non è organizzata al meglio tatticamente. Ne è un esempio il già citato Real Madrid, ma anche molte nazionali (che non hanno il tempo di provare e riprovare schemi e moduli) tra cui la Francia campione del mondo e d’Europa e, nel nostro piccolo, l’Italia che da quando ha adottato il 4-2-3-1 va decisamente meglio. Questo perché con poca organizzazione di gioco i terzini rimangono bloccati dietro (lo stesso Zambrotta spinge di meno in Nazionale), due centrocampisti proteggono la difesa e con quattro giocatori (tre mezze punte più un centravanti) è possibile mettere in difficoltà le difese avversarie. In questo caso, dunque, penso che il 4-2-3-1 sia migliore, per esempio, di un 4-4-2 statico in cui, senza movimento, le punte rimangono scollegate dal resto della squadra. E quindi molto poco pericolose.
Esclusivo. La tv del commissario della nazionale tedesca Rudy Voeller si è rotta. Non solo. All'ex centravanti di Werder Brema, Roma e Marsiglia, noto tifoso dell'Arsenal, a seguito di una furibobonda rissa, è stato vietato di seguire allo stadio la propria squadra del cuore. Come faccio a sapere tutte queste cose? Basta leggere i giornali e trarre delle conclusioni. Già, perché Voeller per la prossima amichevole della Germania contro il Belgio ha deciso di non convocare Kahn perché giudicato fuori forma. E fin qui come dargli torto? Ma al suo posto ha promosso a titolare nientepopodimenoché l'estremo difensore dell'Arsenal Lehmann, un vero incubo per i tifosi dei Gunners che mai avrebbero pensato di dover rimpiangere Seaman. Basta vedere quello che è stato in grado di combinare ieri in Champions League contro il Chelsea.
Test. Dopo la partita di ieri contro il Deportivo del Milan, Filippo Inzagni era:
a) Disperato perché non aveva segnato.
b) Disperato perché non aveva segnato.
c) Contento perché aveva vinto il Milan.
d) Disperato perché non aveva segnato.
N.b.: In ogni test a scelta multipla che si rispetti c'è sempre una risposta impossibile.
Oggi il Diario di Repubblica è dedicato al fenomeno ultrà (o ultras). Interessante.
"I tifosi cumulavano pile di calcinacci dietro a ciascuna porta e alla fine, evacuati i feriti, si raccoglievano i sassi".
Osvaldo Soriano, Pensare con i piedi, 1994
"Una volta alla settimana il tifoso fugge dalla sua casa e va allo stadio... La città sparisce, esiste soltanto il tempio".
Eduardo Galeano, Splendori e miserie del gioco del calcio, 1997
Cinque domande a cui non so darmi una risposta da domenica sera dopo il derby romano. Cosa sarebbe successo se...
- Una delle due squadre fosse stata in vantaggio per 3 a 0?
- Il presidente di Lega fosse stato il presidente della Lazio (o della Roma) e non del Milan?
- Si fosse sparsa la voce della morte di un poliziotto, anziché di un bambino?
- La stessa situazione fosse accaduta in un'altra stracittadina?
- Il derby si fosse giocato di giorno?
È decisamente lo sport più bello del mondo. Perché? Non lo so, ma è così. Forse il motivo è quello spiegato da Zeman (in ogni piazza in ogni angolo del mondo c'è un bambino che gioca e si diverte con un pallone tra i piedi) o forse è solamente un caso. Ma non posso farci niente. È così.
Da piccolo mio padre era disperato perché non mi ci appassionavo. Preferivo vedere i cartoni animati alle partite della nazionale. Poi, a metà anni Ottanta vidi un'amichevole tra Italia e Argentina, credo fosse la Coppa Fair Play. Giocava Maradona. Come non appassionarsi? Da allora la mia vita è cambiata. Ogni domenica a vedere e rivedere tutti i gol. Ogni giorno a imparare i nomi più strani dei calciatori dei campionati stranieri. Ogni pomeriggio, da buon figlio unico, a giocare nella mia camera con una pallina da tennis (e quindi a rompere le finestre).
Poi la svolta con Zeman e la passione per la tattica. Che non uccide la tecnica o l'estro come dicono molti. Anzi dà la possibilità di vedere giocate più spettacolari (per informazioni chiedere a Van Basten e Totti). E il mio amore cresceva.
Un amore che mi ha portato anche a pensieri assurdi. Tipo: provare del dispiacere quando la mia squadra fa subito 4 gol perché vuol dire che la partita è chiusa. E vorrei vedere sempre una partita vera fino alla fine. Perché più della mia squadra io amo il calcio.
E come dimenticare le partite memorabili con gli amici. Le uniche che mi hanno fatto litigare a morte con le persone a cui voglio più bene.
Dopo tutto questo ieri sera davanti alla radio qualcuno mi ha detto: "Perché continuare ad andare allo stadio? Il calcio è finito".
No. Non è vero. Io non lo lascio a certi imbecilli il mio sport. No, non lo lascio.
Non lo lascio, ma mi sento un ostaggio.
Mi perdonerà il titolare di calcioblog, ma quando ho visto questa citazione di Zdenek Zeman sulle sue pagine non ho potuto fare a meno di copiarla:
"A mio parere, la grande popolarità che ha il calcio nel mondo non è dovuta alle farmacie o agli uffici finanziari, bensì al fatto che in ogni piazza in ogni angolo del mondo c'è un bambino che gioca e si diverte con un pallone tra i piedi. Ma il calcio, oggi, è sempre più un'industria e sempre meno un gioco".
Sembra che in un'intervista al quotidiano britannico "The Guardian" Johan Cruyff abbia dichiarato: "Spero che l'eliminazione del Manchester United dalla Champions League e la distanza dal vertice del campionato convincano il Barcellona a non cercare di acquistare Van Nisterlooy. Sì, Ruud ha delle buone doti, ma giocare in Inghilterra è una cosa, farlo in Spagna è un'altra".
E' proprio vero che quando uno invecchia inizia a sdragionare.
P.s.: Visto che quest'anno la difesa (e non solo) della Juventus è andata piuttosto male, se al Barcellona venisse in mente di acquistare Buffon, glielo sconsiglierei.
Finirà pure in serie C, con 10 punti di distacco dalla penultima e con il record di sconfitte. E i soliti espertoni diranno che Zeman non ha mai vinto niente (vorrei vedere cosa farebbeo Lippi, Capello o Ancelotti con Okon e Cesar Gomez) e che anzi dove è andato ha fatto danni. Ma intanto solo lui riesce in queste imprese.
Torna a grande richiesta (del mio cane) la rubrica che in passato ha già avuto due edizioni: una il 16 gennaio e l'altra il giorno dopo. Ecco quindi altri 10 motivi per spegnere la tv quando si parla di calcio:
1- Le cravatte di Massimo De Luca e i vestiti di Marco Civoli.
2- "Un'altra edizione di Supercontrocampo". Sandro Piccinini, Italia 1, 14 marzo 2004.
3- L'allegria (questa sconosciuta) di Mauro Sandreani.
4- Il colorito (leggermente artificiale) di Graziano Cesari.
5- La simpatia (non pervenuta) di Vincenzo D'Amico.
6- La competenza (ah, ah, ah!!!) di Vincenzo Carchidi direttore de "La Schedina".
7- La sigla di Pressing Champions League: gli anni passati era sulle ultime edizioni, quest'anno (chissà perché?) solo sull'edizione del 2002/2003.
8- Mediashopping.
9- La rubrica della Domenica Sportiva "Clamoroso al Cibali" di Giampiero Galeazzi.
10- Xavier Jacobelli.
Cudicini, Silvestre, Helguera, Zago, Roberto Carlos, Vieira, Ince, Di Canio, Zola, Henry, Elber. (Modulo 4-2-3-1)
Giustificarsi, difendersi, nascondersi. Va tutto bene. Ma c’è un limite. Come ci si può paragonare, quando non si è vinto nulla, a una squadra come la Juventus che negli ultimi anni ha messo in bacheca scudetti a grappoli, una Coppa dei Campioni, qualche Coppa Italia e diverse Supercoppe italiane?
Un'annata (che non è ancora finita) storta può capitare a tutti, anche alle più forti. Se negli ultimi 20 anni, però, si è vinto lo stesso numero di scudetti del Verona e della Sampdoria e un campionato in meno del Napoli significherà pur qualcosa.
Il primo è molto semplice (anzi, banale): anche rivedendoli rallentati in tv alcuni casi rimarrebbero dubbi.
Il secondo è più di natura ideologica (?). Da sempre si dice (secondo me a ragione) che il calcio è lo sport più popolare perché è il più semplice: regole che si imparano in 5 minuti (a parte forse il fuorigioco), il gol che vale 1 (e non come negli altri sport dove un punto vale 2, 6, 15 e così via) e bastano quattro sassi (per fare i pali delle porte) e un gruppo di amici (anche due) per divertirsi.
Ma al di là di questi aspetti c'è anche il fatto che in tutte le categorie, anche se con mezzi diversi, si gioca lo stesso sport. Senza differenze. Con l'introduzione della moviola in campo, invece, nascerebbero delle grosse disuguaglianze che andrebbero mantenute fino a quale categoria: serie B, C o Interregionale? Che tristezza sapere che anche se affitti un campo di calcio in erba, chiami 22 persone (compresi i due portieri che mancano sempre) e rimedi tre santi che decidono di arbitrare la tua partita, non potrai mai tentare di imitare un vero match di calcio. Insomma, la proposta della moviola in campo (per me che non sopporto neanche la prova tv) è decisamente antisportiva.
Lasciamo giocare (e arbitrare) questo sport alle persone e non alle macchine.
SOFRI, I GOL E IL SESSANTOTTO
Un libro, una striscia di approfondimento sulla 7 e un documento politico sportivo sulla Sky: mentre in Parlamento si sta discutendo di grazia, Adriano Sofri, dal carcere di Pisa, continua a confrontarsi con i temi del presente. In libreria è in uscita Un vestito di cenere (Cittadella Editrice), un suo colloquio con Renzo salvi sui sogni, le speranze e le angosce dei detenuti. Pagine dedicate all’attualità come la striscia che Sofri, da dicembre, un paio di volte la settimana, tiene all’interno del Tg7. L’appuntamento si chiama “Teleposta” (rubrica ispirata alla “Piccola posta” del Foglio), riflessioni di due minuti nell’edizione delle 19.45, su grandi temi come il terrorismo, l’antisemitismo o la morte di Marco Pantani. Ma è Sky Sport 2 a proporre un reportage davvero insolito: Teo De Luigi, documentarista, ha domandato a Sofri perché, gli italiani non ricordano l’unica vittoria della nostra nazionale contro la Iugoslavia, nel campionato europeo del 1968: finì 2 a 0 per gli azzurri. Ne è nata una straordinaria chiacchierata non solo sul pallone, ma anche sui grandi fatti di quegli anni, mentre sullo sfondo Sofri gioca una partita di calcio con i detenuti. L’urlo del ’68 di De Luigi sarà in onda il 16 marzo all’interno di Sky racconta di Darwin Pastorin. (V.R.)
Panorama, 11 marzo 2004
Possibili conseguenze (che non è detto siano tutte negative):
- Addio 90° minuto (non è che mi dispiaccia molto per l'attuale trio). Una trasmissione simile andrà in onda, forse anche prima delle 18, su Sky.
- Le società di calcio prenderanno sempre meno soldi dai diritti tv. Come noto, un monopolista può dettare legge nel suo mercato, tanto la concorrenza non esiste.
- Aumenterà il potere politico-economico di Sky che (forse) si impadronirirà di tutta la Champions League e in futuro, chissà, anche della Nazionale.
- Varie ed eventuali.
Si sa, palloni e finestre non sono mai andati d'accordo. Eccone un esempio.